Trattare la collina nel Piano strutturale significa riconoscervi una particolare forma di urbanità, specifiche relazioni tra spazio e comunità. Come per le altre Città, si ritiene che la collina debba essere interessata da un grande progetto di ristrutturazione di luoghi e di relazioni tra luoghi, di rapporti tra territorio e popolazioni che lo abitano.
La collina bolognese soffre un problema: col tempo è diventata mito e rischia di trasformarsi in tabù. Un valore orginario, la cui difesa ha avuto un’importanza strategica per la città e la società dei primi anni sessanta, è stato congelato, non aggiornato alla luce dei cambiamenti intervenuti, è diventato un bene oligarchico difeso in nome di un valore generale indiscutibile, come la tutela dell’ambiente. Un progetto per la collina diventa così un tema politico e culturale, oltre che urbanistico, in quanto il sistema di vincoli non si è mostrato sufficiente a impedire il dissesto e il ritorno della selva (dopo che la progressiva riduzione delle attività agricole ha comportato l’abbandono della manutenzione di suolo e acque) e la importante dotazione di parchi pubblici non basta per fare della collina un riferimento, davvero vissuto e valorizzato.
Molti soggetti, molte pratiche richiedono soluzioni differenziate, proposte aperte a differenti modi di intendere il valore di questo territorio e di prendersene cura. La strategia del Psc muove dal riconoscimento delle differenze fra le parti che costituiscono la collina e del diverso modo che esse hanno o possono avere di relazionarsi con la città di Bologna e con l’area metropolitana, le due dimensioni da considerare. Per la Città della Collina si tratta di lavorare su paesaggio e ambiente, considerandoli il corrispettivo di ciò che le grandi strutture commerciali e ricreative sono per la Città della Tangenziale, o il nucleo storico per le Città della via Emilia.
La collina oggi è una sorta di giardino recintato, non percorribile. Il primo obiettivo è riaprirla, non in maniera omogenea ma con attenzione alle forme, ai materiali, ai contesti. Quindi approdi e attraversamenti.
Sono approdi per la città metropolitana le fermate del Sfm e i raccordi con le strade principali, quelle di fondovalle e la gronda a sud (Ganzole). Sono approdi per Bologna gli attraversamenti e i percorsi protetti delle strade di bordo, i giardini che offrono avvii. Lavorando sui nodi di connessione, il Psc individua e caratterizza una serie di agganci al telaio infrastrutturale metropolitano e urbano, a partire dai quali disegna le strade carrabili, i percorsi ciclabili e i sentieri pedonali, i tragitti del trasporto pubblico che “riaprono” la collina.
Alcuni approdi diventano luoghi di trasformazione, dove promuovere relazioni e pratiche d’uso inedite: la “porta” principale è in corrispondenza del comparto militare SS. Annunziata - Staveco, le altre sono a porta Saragozza, a villa Spada, a villa Mazzacorati e negli antichi possedimenti Camaldolesi, al parco del Paleotto.
In questa prospettiva di rinnovata vitalità della collina, la previsione di nuove parti del territorio da assoggettare a forme di protezione tra quelle previste dalla legge regionale sulle aree protette assume maggior importanza: accanto a zone utilizzate e fruite più intensamente, individuare aree nelle quali l’evoluzione spontanea e naturalistica dell’ambiente sia la strategia prevalente. Il Psc individua due aree particolarmente interessanti da questo punto di vista, quella sul versante in destra Reno (già individuata come sito di importanza comunitaria) e quella attorno al parco di villa Ghigi (Ronzano).
La prospettiva delineata per la Città della Collina richiede probabilmente l’individuazione di un soggetto, esperto e autorevole, in grado di promuovere il progetto e di indirizzarlo ascoltando le domande e monitorando lo stato del territorio, un’agenzia che coltivi la dimensione strategica del Piano strutturale, traducendola in scelte operative e di gestione ordinaria.