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10 Settembre 2018 Disabilità e segregazione

persona in carrozzina dentro locale in penombrapersona in carrozzina dentro locale in penombra
Nunzia mise piede per la prima volta al Cottolengo di Roma, Casa della Divina Provvidenza, quando aveva undici anni e ne uscì a venti. Le lunghe e “insignificanti” giornate trascorse in uno stato di segregazione morale e fisica, fra le stanze di quello che un tempo era chiamato manicomio, rappresentavano un destino comune, per moltissime persone affette da disabilità psichica e non, nell’Italia degli anni ’60. Da allora, nel nostro paese sono stati fatti significativi passi avanti  sulle tematiche legate alla disabilità, con l’approvazione della riforma scolastica che nel 1977 ha abolito le classi differenziate e con la legge Basaglia, che poco dopo ha sancito la chiusura dei manicomi. Tuttavia, nonostante queste rivoluzioni abbiano cambiato radicalmente la percezione diffusa della disabilità all’interno della nostra società, il problema è tutt’altro che archiviato e nel nostro paese esistono ancora migliaia di manicomi nascosti, dove i disabili vivono realtà di segregazione ed esclusione.

La storia di Nunzia Cappadè, oggi presidente della Fish Calabria (Federazione italiana superamento dell’handicap), è posta in apertura di un’inchiesta sui luoghi che accolgono la disabilità apparsa  sulla agenzia Redattore Sociale.
L’indagine approfondisce i temi del libro realizzato dalla Fish e pubblicato da Maggioli “La segregazione delle persone con disabilità. I manicomi nascosti in Italia”, a cura di Giovanni Merlo e Ciro Tarantino e segue lo speciale apparso sul numero 6/2016 della rivista SuperAbile sul tema dell’istituzionalizzazione delle persone disabili.
Le quattro puntate dell’inchiesta (1), pubblicate sul sito di Redazione Sociale, dal 28 al 31 agosto 2018, raccolgono testimonianze personali e dati ufficiali riguardanti il problema delle tante strutture residenziali dove tutt’oggi migliaia di persone vivono ancora segregate ed escluse dalla società.

Un tema poco dibattuto, anche all’interno dello stesso mondo della disabilità, eppure, stando agli ultimi dati dell’Istat, le persone disabili presenti negli oltre 13.200 presidi residenziali socioassistenziali e sociosanitari sono 273.316, oltre il 70% del totale degli ospiti. Nel corso della lettura ci viene restituito un ritratto inquietante degli istituti di accoglienza, sia pubblici che privati, dove oltre alle storie di segregazione e contenzione meccanica, farmacologica o ambientale (metodologie attualmente permesse dalla legge) emergono, a volte, anche episodi di maltrattamenti e violenza. Solo nel 2016 sono stati, infatti, registrati 114 casi di maltrattamento, 68 abbandoni di incapace, 16 sequestri di persona.

Dati allarmanti che portano alla luce i risvolti più vergognosi di un tema, dimenticato, scomodo ed ignorato, perfino da chi è dentro al mondo della disabilità. Nei mesi scorsi la Fish, a tale proposito, ha inaugurato sul proprio sito una rassegna stampa tematica online su segregazione e istituzionalizzazione. I casi di cronaca riportano qualche buona prassi, ma soprattutto episodi di isolamento e violenze, avvenuti in luoghi e contesti diversi, come le famiglie e le scuole.
Esemplare in questo senso e posta in chiusura dell’inchiesta è l’esperienza di Donata Vivanti, che insieme al marito decide di aiutare i due figli, affetti da disabilità ad elevata necessità, scegliendo per loro una struttura residenziale di grandi dimensioni. “I nostri figli – racconta Donata, da sempre impegnata con vari ruoli nell’associazionismo a favore delle persone disabili e attualmente presidente della Fish Toscana - erano sistemati al terzo e ultimo piano, insieme ai “pazienti” con autismo, in una specie di corsia d’ospedale, con camere, bagni e sala mensa, nient’altro”. Ha così inizio, per Donata e i sui figli, un’odissea in vari istituti che si rivelano essere luoghi di segregazione non dissimili dai quei vecchi manicomi, che ci sembrano oramai così lontani.
“Il rischio peggiore della segregazione è, infatti, quello di creare un esercito di persone, sfamate e accudite, ma separate dal resto del mondo e private anche delle più elementari possibilità di scelta sulla propria vita”.

(1) Inchiesta di redattoresociale
prima puntata - Nuove etichette, vecchi stili di vita. L'esistenza nelle residenze per disabili
seconda puntata - Disabilità, quasi 275 mila persone in strutture residenziali sociosanitarie
terza puntata - Disabilità e segregazione, la Fish raccoglie le storie di violenza
quarta puntata -L'istituto? Una pessima soluzione. Parola di mamma di due figli disabili

(a cura di Francesco Tanganelli, ass.bandieragialla.it)