Servizi e Sportelli Sociali

21 Maggio 2018 Quarant’anni dopo la Legge Basaglia. La rivoluzione di Marco Cavallo

marco cavallomarco cavallo
Gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso vedono il nostro Paese protagonista di una delle più importanti rivoluzioni sociali, la chiusura dei manicomi e la sperimentazione di una cura del male mentale dentro la società e non ai suoi margini.Tutto comincia a Gorizia, nel 1961, quando un giovane psichiatra, Franco Basaglia, lascia l’università, dove riconosce dinon avere alcuna opportunità di carriera, per assumere la direzione del locale ospedale psichiatrico. Varcata la soglia del«Francesco Giuseppe I», Basaglia incontra un’umanità dolente, assoggettata a una disciplina severa quantovana, avvolta da un fetore che immediatamente gli evoca quello del carcere nel quale fu rinchiuso durante il periodo della lotta partigiana, e che lo invase, poco meno di vent’anni più tardi, quando fece visita al manicomio di Barbacena: un rifiuto fisico dell’istituzione manicomiale, prima ancora che intellettuale. Il manicomio era il luogo nel quale venivano rinchiuse le forme più diverse di alterità, tutto ciò che, come la follia, suscitava scandalo, paura o più semplicemente fastidio.
I manicomi rinchiudevano, con i folli, bambini indisciplinati, epilettici, alcolisti, deboli di mente, ma anche, come accadde durante il fascismo, uomini e donne che si opponevano al regime o ne incrinavano la reputazione. Leggi l'articolo di M.Cardano pubblicato su Il Mulino, maggio 2018 e ripreso nel sito academia.edu

(**) [Marco Cavallo è una scultura di legno e cartapesta in forma di "installazione" e "macchina teatrale". Fu realizzata nel 1973 all'interno del manicomio di Trieste da un'idea di Giuseppe Dell'Acqua, Dino e Vittorio Basaglia e Giuliano Scabia. È considerata un'opera collettiva realizzata con il contributo dei laboratori artistici creati all'interno della struttura nosocomiale da Franco Basaglia, allora direttore dell'Ospedale Psichiatrico e si avvalse del contributo ideale e immaginifico dei pazienti allora reclusi[1]. Alto circa 4 metri e di colore azzurro, come deciso dagli stessi pazienti, lo si volle di così grandi dimensioni, per poter idealmente contenere tutti i desideri e i sogni dei ricoverati, e portare all'esterno un simbolo visibile e rappresentativo dell'umanità allora "nascosta" e "misconosciuta" all'interno dei manicomi - tratto da wikipedia)