Mentre il numero delle diagnosi sui disturbi autistici è in crescita, aumenta di conseguenza il numero di famiglie e genitori che si trovano ad affrontare questo problema, troppo spesso in solitudine e senza supporti validi e adeguati per affrontare gli innumerevoli problemi. Anche su questo fronte, come nel caso di altre disabilità psichiche e sensoriali, un valido supporto è dato dai gruppi di auto-mutuo aiuto. “Hanno una funzione molto importante nel campo dell’autismo” riferisce Carlo Hanau di Angsa onlus. Innanzitutto diminuiscono il rischio che la famiglia tutta diventi autistica, chiusa sempre in più in se stessa, migliorano quindi la qualità di vita di tutto il nucleo familiare.
“Ma, prima di avviare un gruppo, occorre dare competenze ai genitori e agli insegnanti che vi partecipano”, evidenzia Hanau. Per questo ci sono i “parent training”, percorsi di passaggio di competenze necessari perché poi un gruppo di mutuo aiuto cammini da solo e sia efficace a rispondere alle aspettative. Addirittura, rivela Hanau, in altri Paesi come gli Stati Uniti le competenze “parent to parent” vengono retribuite, i giovani genitori pagano i più anziani e più esperti: “Per fortuna questo da noi non avviene”, commenta il referente dell’Angsa.
Quale sia la funzione del gruppo nell’aiutare le famiglie e i singoli genitori ad affrontare i disturbi dell’autismo lo racconta, tra le altre, l’esperienza di Bologna.
Il gruppo di auto-mutuo aiuto è nato 5 anni fa per volontà della dottoressa Marilisa Martelli, allora responsabile del team autismo dell'Asl di Bologna. Forte dell’assunto dell'Organizzazione mondiale della sanità che aveva dimostrato che questi gruppi hanno una documentata efficacia sul benessere di chi vi partecipa, ha iniziato l'azione in collaborazione con Angsa, mettendo a disposizione una educatrice dell'Asl che è stata presente nel gruppo fino a quando si è ritenuto che il gruppo poteva andare avanti da solo. “Il gruppo è molto aperto, a volte ci sono 20 persone a volte 4 o 5 – ci dicono i familiari -. Ci sono spesso insegnanti ed educatori delle cooperative”. Condizione per partecipare è il patto di riservatezza: fuori dal gruppo, non si deve riferire nulla di ciò che si sente durante gli incontri.
Per quali aspetti in particolare è utile il gruppo? “Grazie all’aiuto e all’incoraggiamento di altre madri, sono riuscita a togliere i pannoloni a mio figlio di 5 anni”, riferisce una mamma. Rita invece, un figlio di 18 anni in dirittura d’arrivo con l’iter scolastico, ha trovato nel gruppo la forza di non accettare la via del centro diurno e ha chiesto un educatore di sostegno per inserire il figlio in un lavoro vero. “L'Asl era titubante – racconta - ma ha accettato”. Ora il giovane ventitreenne lavora come aiuto cuoco con un contratto a tempo indeterminato presso la cucina dell'ospedale Maggiore di Bologna. E una strada simile è quella di Marco, un giovane con autismo che ora ha una borsa lavoro alla biblioteca dell'università. Al gruppo ci si scambia informazioni, come quella che la piscina comunale di Casalecchio ha un servizio di istruttori di sostegno per bambini e giovani disabili e accoglie anche persone di altri Comuni: molti hanno portato i figli in quella piscina, dove il servizio è pagato dal Comune, e sono molto soddisfatti. Quali sono le criticità che ha in sé il gruppo? “L’orario pomeridiano non va bene a tutti – ci viene risposto -, ma credo che sia impossibile trovare l'orario che soddisfa tutti”.
(fonte redattoresociale)