In Italia l'87% degli stranieri irregolari è badante o colf. È questo il singolare quadro sull'immigrazione che emerge dai dati sulla sanatoria. Oggi è l'ultimo giorno che imprenditori e lavoratori in nero hanno per mettersi in regola. Finora (i dati sono aggiornati a domenica 14 ottobre) i moduli presentati sono stati 116.102, di cui però ben 101.000 per il settore domestico. Quindi sono solo 15mila circa i lavoratori stranieri impiegati in tutti gli altri settori (industria, agricoltura, commercio ecc). Come è possibile? "La risposta appare banale -spiega Giuseppe Casucci, responsabile nazionale del dipartimento immigrazione della Uil-: perché i costi per una richiesta relativa a colf e badante non supera i 2 mila euro (tra una tantum e contributi previdenziali), mentre in settori come l’edilizia o commercio o agricoltura il costo può essere tra tre a cinque volte maggiore".
Se si guarda nel dettaglio delle domande presentate on line ci sono molte sorprese. "Il Marocco, tradizionalmente assente dal settore domestico, su un totale di 13.922 domande, ne ha inviate ben 11.368 per lavori di colf o badante -aggiunge Casucci-. Lo stesso dicasi per il Bangladesh (12.629 su 13.752), Egitto (7.466 su 9.548), o Pakistan (8.667 su 9.604)". Il trucco è piuttosto semplice: si fa domanda di regolarizzazione per lavoro domestico e una volta ottenuto il permesso di soggiorno si cambia datore di lavoro. La sanatoria, insomma, è stata un flop, visto che comunque le stime sugli irregolari in Italia si attestano intorno alle 500 mila persone. Quindi uno solo su cinque ha potuto presentare domanda e nella maggior parte dei casi lo ha fatto dichiarando il falso.
La sanatoria non ha funzionato anche per colpa dell'obbligo di dimostrare la presenza in Italia dell'immigrato prima del 31 dicembre 2011 con atti o certificati rilasciati da organismi pubblici. "Abbiamo denunciato subito la irragionevolezza di questo criterio - ricorda la Uil-. Se la legge 94 del 2009 obbligava i pubblici funzionari (tranne insegnanti e medici) a denunciare chi si presentasse senza poter esibire il permesso, come pretendere allora che quegli stessi funzionari dovessero dare un certificato di qualsivoglia genere?". L'Avvocatura dello Stato, a metà sanatoria, ha poi dato un'interpretazione più elastica del concetto di organismo pubblico, ammettendo come prove valide i contratti telefonici o gli abbonamenti ai mezzi pubblici. "Da quando è stato divulgato il parere dell’Avvocatura, il trend delle domande presentate è aumentato (anzi triplicato), ma i tempi rimasti erano troppo stretti. Abbiamo più volte richiesto di posticipare i termini di conclusione della procedura, ma abbiamo incontrato nel governo orecchie da mercante", conclude Casucci.
(fonte agenzia redattoresociale)
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