“Ho perso la casa e la macchina, sono stata ospitata con mio marito da una collega: non avevamo vestiti né altro, solamente
tanta disperazione”. È così che inizia la storia di Cinzia Andronaco, assistente sociale del Comune di Finale Emilia. Come lei, tanti altri hanno perso ogni cosa nella sequenza di terremoti che ha colpito la pianura emiliana a partire dalla notte del 20 maggio. E tanti, tra gli assistenti sociali emiliano romagnoli, hanno deciso nonostante tutto di continuare a fare il proprio lavoro per dare una mano alle comunità in stato di emergenza dopo il sisma.
“Tra Modena, Ferrara, Reggio Emilia e Bologna abbiamo una sessantina di colleghi terremotati, solo a Modena su 83 assistenti sociali più di trenta non hanno più una casa” dice Anna Fiorentini, segretario dell’Oaser, l’Ordine degli assistenti sociali dell’Emilia-Romagna. L’Oaser raccoglie le richieste di supporto (al numero 333 5647158, attivo 24 ore su 24), “ma stiamo anche lavorando – continua Fiorentini – a un progetto di servizio sociale nei campi, perché, superata la fase di prima emergenza, ci sarà un delicato lavoro di ricostruzione del tessuto sociale da portare avanti”.
A Mirandola si lavora sotto le tende di fronte alla scuola media, dove ha sede il Centro operativo misto gestito da Comune e Protezione civile. Gli sfollati, contando solo i campi organizzati – e non il profluvio di tende auto organizzate nei quartieri o i campi autogestiti dalle frazioni – sono circa 2.200. “Stiamo diventando un servizio sociale ‘da campo’ – dice Gloria Bulgarelli, responsabile dell’Area sociale e sanitaria del Comune –: senza frontiere, abituati a lavorare fuori dalle mura, abbiamo lavorato anche sotto il sole senza le tende, con un foglio o una penna o anche senza”.
Le cose da fare sono tante: ci sono le famiglie rimaste senza una casa, i bambini che hanno bisogno di pannolini e latte, gli anziani che devono essere portati in strutture protette. E c’è tanto stress, dovuto alle continue scosse:“Tra i bisogni –racconta Giorgia Manfredini, assistente sociale della Tutela minori dell’Unione dei Comuni modenesi dell’Area Nord Ucmar – c’è anche quello di ricevere una parola di conforto per cercare di abbassare l’ansia e la paura”.
A Finale Emilia, il Centro operativo comunale è stato allestito nei locali a piano terra di fronte alla scuola elementare, inagibile così come lo è il palazzo del Comune. Il paese è stato l’epicentro del terremoto del 20 maggio, “ma è dopo la scossa del 29 che è arrivato il crollo psicologico” spiega Michele Scacchetti, presidente del consiglio comunale. Dopo quella data, anche chi aveva deciso di rimanere in casa o in alloggi di fortuna, si è rivolto agli enti locali per ottenere cibo, prodotti per l’igiene e assistenza, o per avere un alloggio nelle tendopoli.
“La mattina del 20 maggio – racconta Silvana Molesini, assistente sociale del Comune – ci siamo ritrovati qua e abbiamo pensato che, oltre che dei nostri problemi personali, dovevamo occuparci anche di quelli della collettività”. Letizia Piccinini, collega di Molesini, è anche lei sfollata e vive in tenda con i suoi bambini. “Vivo a 25 chilometri da qua, e ho la fortuna di fare il viaggio di ritorno piangendo, così mi scarico. Ma durante il giorno dobbiamo essere forti per dare forza a chi viene qua in condizioni disperate”.Non manca all’appello chi viene da fuori per dare una mano: gli assistenti sociali che si sono resi disponibili sono una sessantina. “Venti sono stati assegnati alla Protezione civile – continua Fiorentini – altri hanno avuto dal proprio ente di appartenenza l’autorizzazione a recarsi nel modenese per affiancare i colleghi e questo è un bel segno di solidarietà istituzionale”.
Stefania Pelosio viene da Parma e, come volontaria dell’Associazione nazionale alpini, è al suo terzo terremoto: prima in Molise nel 2002, poi a L’Aquila e infine a Finale Emilia, dove l’Ana gestisce un campo abitato da 460 persone.
“In genere, l’aspetto più carente è proprio quello dell’assistenza sociale alla popolazione – dice – Occorre che il servizio sociale entri nel sistema della Protezione civile, perché gli assistenti asociali hanno la capacità di mettere in relazione i bisogni e le risorse, ma anche le risorse all’interno di uno stesso ambito”.
(fonte redattoresociale)