"Palacinche", l’epopea dei profughi istriani diventa una graphic novel. Esce, in occasione della Giornata del ricordo che si celebra ogni anno il 10 febbraio il libro di Caterina Sansone e Alessandro Tota (edizioni Fandango) , un reportage che unisce fumetto e fotografia dove gli autori hanno ripercorso a ritroso l’esodo di Elena, uno dei 250 mila esuli dall’Istria e dalla Dalmazia.
Il libro verrà presentato dagli autori sabato 11 febbraio 2012 alle ore 17,30 presso Spazio Labo'-Centro di Fotografia, via Frassinago 43, Bologna
"L’epopea dell’immigrazione, la disumanità dei campi profughi e la speranza di una vita in libertà. Potrebbe sembrare un racconto come tanti altri, se non fosse che i protagonisti sono gli italiani, quelle migliaia di italiani vittime dell’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia (anticamente territori italiani), che ha avuto luogo alla fine della Seconda guerra mondiale con l’instaurazione del regime comunista di Tito e l’annessione di queste terre all’ex Jugoslavia. E’ la graphic novel ‘Palacinche’ (Fandango, 18 euro, 186 pagine, in uscita il 10 febbraio), un reportage sotto forma di graphic novel di Alessandro Tota (disegnatore) e Caterina Sansone (fotografa). I due autori, in questo volume, ripercorrono a ritroso l’esodo di Elena, la madre di Caterina, in un percorso in sette tappe tra Firenze (dove vive Elena) e Rijeka (il nome di Fiume in croato). Elena, dopo aver lasciato il suo paese, si trasferì con la famiglia a Napoli, abitando per più di dodici anni in una baracca nel bosco di Capodimonte, e poi ad Antella, in Toscana, dove tuttora vive.
Nel racconto s’intrecciano i luoghi del presente ai ricordi di Elena: “Il dopoguerra fu molto duro a Fiume – racconta la donna – Il cibo era pochissimo e veniva razionato. Io cominciai a stare male, quindi divenne necessario portarmi via”. E poi il ricordo della partenza verso l’Italia: “Partimmo il 27 dicembre 1950. Mamma prese la macchina da cucire e le coperte. Tanta gente che era proprietaria della casa la perse per sempre. Ci portarono a Trieste, poi a Udine, in un campo di smistamento profughi e poi con il treno andammo in Sicilia”. E i ricordi nei campi: “Nonostante i problemi, nel campo c’era molta dignità. Le donne, per esempio, anche se avevano mille pensieri, non le vedevi mai vestite di nero. Dicevano: ‘Già siamo in una situazione difficile, anche noi vestirci di tristezza? Allegria piuttosto’”. Le cifre dell’esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia parlano di circa 250 mila esuli, di cui 31 mila fiumani, che nella maggior parte dei casi hanno dovuto abbandonare tutti i loro beni dietro di sé. In Italia, almeno 109 campi profughi sono stati dedicati all’accoglienza della popolazione giuliano-dalmata, sparpagliati su tutto il territorio nazionale. Si trattava, in molti casi, di grandi edifici (scuole, ad esempio) in cui ogni famiglia disponeva di una piccola stanza, spesso separata da quelle adiacenti solo da un telo. Gli immigrati italiani dell’Istria, oltre alle difficili condizioni di vita e alla delicata integrazione in una nuova vita, sono stati a lungo vittime del pregiudizio dei loro stessi connazionali che li percepivano nel peggiore dei casi come dei fascisti, e nel migliore come degli stranieri"
(fonte redazione sportello sociale e agenzia redattoresociale)