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27 Gennaio 2012 Nuove povertà a Bologna: una ricerca del Gramsci

Nuove povertà, a Bologna è allarme per i giovani.: “Uno su cinque a rischio”. È uno dei fenomeni evidenziati dalla ricerca che è stata presentata alla Fondazione Gramsci.
Né studio né formazione professionale, così il futuro dei giovani appare sempre più a rischio. È uno dei fenomeni più preoccupanti evidenziati dallo studio “Vedere la povertà: una ricerca sulle nuove povertà a Bologna”, promosso dalla Fondazione Gramsci insieme a Coop Adriatica e Arci. “Un giovane su cinque non termina né il percorso di studi né quello di formazione professionale”, spiega Matilde Callari Galli, antropologa e coordinatrice della ricerca, “non è difficile immaginare per loro un futuro a rischio esclusione sociale”.I dati raccolti nello studio parlano infatti di un 17% di ragazzi che abbandonano la scuola superiore nel passaggio dal primo al secondo anno e di un 18% che non completa i corsi di formazione professionale promossi dalla regione Emilia-Romagna. Oltre a disoccupazione e precarietà, in altre parole, fra i più giovani pesa anche la mancanza di competenze. “Così la fascia dai 18 ai 34 anni diventa una delle più esposte alla povertà”, aggiunge Callari Galli.
Ma quella giovanile non è l’unica fascia a rischio. “C’è una multidimensionalità della vulnerabilità sociale”, spiega la coordinatrice, “la perdita del lavoro e della casa sono gli elementi che fanno ‘scattare’ la povertà, ma a questi si sommano una serie di concause: conflitti familiari, problemi psichiatrici come ansia e depressione, dipendenza da acol e altre sostanze”.
Fra le categorie più a rischio ci sono gli stranieri
che perdendo il lavoro perdono anche il permesso di soggiorno) e le donne, ma emerge anche “un aumento delle famiglie che richiedono aiuti temporanei, che ritardano il pagamento di una bolletta o che alla terza settimana del mese si rivolgono alle mense dei poveri”. Ed è indubbio che in città la povertà si è aumentata. “Basta leggere i dati dei centri d’ascolto Caritas, che parlano di un aumento degli accessi del 30% dal 2005, o quelli sugli sfratti per morosità, aumentati del 200% dal 2008”, spiega Callari Galli.
A Bologna la povertà ha sempre più facce, dunque, e per un welfare già colpito dai tagli economici adeguarsi alle nuove forme di disagio non è semplice. Un primo passo, secondo Callari Galli, potrebbe essere la creazione di un “termometro della povertà”, incrociando i dati provenienti da chi ha a che fare direttamente o indirettamente con il disagio sociale. La ricerca della Fondazione Gramsci ha infatti identificato alcuni “informativi opachi”, dalla mensa dell’Antoniano al dormitorio di via Capo di Lucca, dall’ufficio di collocamento alle banche dati sulla dispersione scolastica: “tutte strutture che raccolgono dati su un determinato aspetto del disagio sociale”. La ricerca della Fondazione Gramsci si basa proprio su questi dati, sommati a quelli ricavati da Istat e settore statistico del comune, a una serie di interviste a “testimoni privilegiati” e a 5 focus group con utenti e operatori dei servizi.
La ricerca “Vedere la povertà” è stata presentata mercoledì 25 gennaio nella sede della Fondazione Gramsci con gli interventi del sindaco Virginio Merola, del presidente di Coop Adriatica Adriano Turrini, del presidente di Unindustria Bologna Alberto Vacchi, oltre a Callari Galli, presidente della Fondazione Gramsci, e a don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità di Milano.
(fonte agenzia redattoresociale)