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26 Maggio 2016 Rapporto ISTAT 2016 sulla situazione del paese

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La 24esima edizione del Rapporto annuale dell'Istat sviluppa il tema delle generazioni, contribuendo così a quella più ampia riflessione sulle trasformazioni del Paese che l'Istituto promuove anche attraverso il programma di eventi legati alle celebrazioni del 90° anniversario dalla sua fondazione.

Il presente dell’Italia, fotografato nella 24esima edizione del Rapporto presentato il 20 maggio a Roma, disegna un paese dove le differenze generazionali sono sempre più ampie ma dove una uscita dalla pesante recessione degli ultimi anni è comunque in corso. Molti aspetti del sistema economico e sociale sono in evoluzione ma è difficile capire come sarà il futuro in una nazione che demograficamente non cresce. Cinque punti su cui riflettere, dal report.

1. I giovani non sono nemmeno un terzo della popolazione
Paese troppo vecchio e in crisi demografica, è risaputo, con minimi storici per le nascite nel 2015, ferme a 488mila. Una dinamica che non può non incidere sul futuro: meno del 25% della popolazione italiana ha un’età compresa tra 0 e 24 anni.
2. Voglia (trasversale) di andarsene all’estero
La migrazione come stile di vita che non fa differenze; secondo l’Istat il desiderio di vivere all’estero accomuna tanto i ragazzi di origine straniera che quelli italiani (46,5% e 42,6%).
Lo spostamento insomma come dinamica generazionale, sganciata dai fattori identitari.
3. Neet in calo, ma sempre troppi
Resta sempre alta la quota di quelli che non lavorano e manco studiano: nel 2015 sono più di 2,3 milioni i giovani di 15-29 anni definibili neet, di cui tre su quattro vorrebbero lavorare. Rispetto al 2008 sono aumentati di oltre mezzo milione ma sono in calo di 64 mila unità nell’ultimo anno. La condizione di Neet prevale tra gli stranieri (35,4%), nel Mezzogiorno (35,3%) e tra le donne (27,1%).
4. Welfare inefficiente
Il report denuncia l’inefficienza del sistema di protezione sociale italiano nel confronto diretto con altri paesi: nel 2014 la quota di persone a rischio povertà si è ridotta di 5,3 punti dopo i trasferimenti (da 24,7 a 19,4%) ma nella Ue la media è di 8,9 punti.
5. Laurearsi per vivere di più
Laurea non fondamentale? Chi c’è l’ha vive di più. A 80 anni la quota di uomini laureati ancora in vita è del 69%, contro il 56% di chi ha preferito fermarsi alle medie. Meno dislivello tra le donne; l’80% delle dottoresse contro il 74% di chi non ha messo piede all’università.

Documentazione

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Sintesi del volume
Slide di presentazione
Focus per i media

Rassegna stampa:
Repubblica
Il Fatto quotidiano
Il Sole24h
La Stampa
Corriere della sera
(fonti: siti istat.it,  wired.ir, siti dei quotidiani citati)