Museum of Industrial Heritage

I luoghi simbolo del lavoro degli ultimi tre secoli sono state le fabbriche, edifici imponenti che ancora caratterizzano i paesaggi urbani. La nascita dell’archeologia industriale come disciplina ha coinciso con la fase postbellica del cambiamento e della modernizzazione della produzione, ed è stata in parte generata dalla domanda: che cosa fare delle antiche industrie? Il dibattito intorno a questo tema ha influenzato lo sviluppo della disciplina. Al concetto di archeologia industriale si è affiancato quello di patrimonio industriale, che ha allargato la ricerca all’insieme delle testimonianze materiali e immateriali generate dai processi produttivi e conferito una nuova prospettiva al lavoro degli studiosi: il patrimonio industriale inteso come sintesi dei processi e delle reti di relazioni che hanno caratterizzato lo sviluppo di un territorio, è in grado di fornire parametri valutativi e interpretativi delle dinamiche in atto, indispensabili per l’elaborazione di idee e linee strategiche di sviluppo futuro. Tutto ciò è reso più attuale dai processi di deindustrializzazione in corso. Nell'articolo di apertura "Scuolaofficina" affronta queste tematiche, dalle quali gli studiosi e gli operatori delle istituzioni del settore trarranno le linee guida per operare negli anni a venire, presentando una sintesi del dibattito in corso in Europa circa le prospettive, anche economiche, legate al recupero e alla valorizzazione del patrimonio industriale. Infine una comunicazione: “Scuolaoffina” ritorna ai due numeri semestrali a magazine, abbandonando la forma a manifesto che aveva caratterizzato il secondo numero dell’anno. In questo modo avranno più spazio le riflessioni e le esperienze più significative relative alla ricerca, alla divulgazione, alla museografia del patrimonio industriale.

A Prato, l'ottocentesca fabbrica tessile Campolmi è stata da qualche anno ristrutturata e destinata a sede del Museo del Tessuto.
Gli interventi di carattere conservativo finora effettuati non hanno sostanzialmente modificato i materiali costruttivi, gli elementi tipologici, né l'impostazione architettonica del manufatto originario. Il percorso espositivo del Museo, incentrato sulla cultura del tessile e la sua tecnologia, comprende una sala d'ingresso, una sezione introduttiva, una sala espositiva per mostre temporanee, una sezione contemporanea, una sezione locale e una sezione didattica.

La vita della fornace, il lavoro, le mansioni, la vita quotidiana degli operai e delle operaie, viene descritta con gli occhi di un bambino che negli anni a cavallo del secondo conflitto mondiale vive all’interno dello stabilimento. Su questo universo spicca la figura del padre, il direttore, che a tutto sovrintende, con fermezza e partecipazione, in un periodo storico caratterizzato prima dalle difficoltà e dalle paure della guerra, poi da momenti solidaristici ma anche dalle tensioni della ricostruzione.

La West Point Foundry (1817-1911), collocata nel villaggio di Cold Spring sulla riva destra del fiume Hudson, a Nord della città di New York, era una delle più famose antiche fonderie degli Stati Uniti; produceva armamenti ed attrezzature militari, motori a vapore, ruote idrauliche e numerosi prodotti in ghisa. Era talmente conosciuta che Jules Verne la immortalò nel suo racconto Dalla terra alla Luna. Dopo la sua chiusura, il sito venne abbandonato completamente e oggi è rimasto in piedi solo l'edificio degli uffici amministrativi, costruito nel 1864. Nel 2001, la fondazione ecologista Scenic Hudson, proprietaria del sito, ha creato una partnership con la Putnam County Historical Society ed il Dipartimento di Sociologia della Michigan Technological University al fine di preservare e interpretare per il pubblico l'area della Fonderia e la sua complessa storia.

Il Museo del Tessuto si trova all'interno della Cimatoria Campolmi & C, rimasta in attività fino al 1990 a Prato, nell'ambito del quartiere di Santa Chiara, a forte vocazione industriale fin dal Medioevo. La storia della ditta Campolmi inizia nel 1863, quando i suoi fondatori acquistano un antico mulino da grano e lo trasformano in un importante opificio idraulico specializzato nelle fasi di rifinitura dei tessuti. Osservando la sua storia, è possibile notare la rilevanza nei decenni rappresentata da un processo di continuo aggiornamento tecnologico ed organizzativo. Tra le due guerre mondiali avvengono cambiamenti strutturali e organizzativi all'interno della fabbrica Campolmi: impianti produttivi di incrementate dimensioni, nuovi cicli produttivi e crescita del numero dei lavoratori fino a 11.000 nel 1945. Tali cambiamenti sono sintomatici di tutto il sistema tessile pratese. Alla fine degli anni '40, una profonda crisi di mercato determina la scomposizione del ciclo produttivo. Le aziende di maggiori dimensioni si servono di piccoli subfornitori; le ditte a ciclo integrato come la Campolmi iniziano a sparire negli anni 1990.

Osservando il percorso professionale di Alessandro Calari è possibile rintracciare alcuni dei più significativi passi compiuti nel campo delle tecnologie applicate agli apparati biomedicali.
Nel 1957, appena diplomatosi alle Aldini-Valeriani, Calari inizia subito a collaborare con la principale azienda del biomedicale dell’epoca, la Battaglia Rangoni. Da qui ha inizio la sua carriera, che passa attraverso la progettazione della parte elettronica dell’elettrocardiografo Simplex, dell’elettroencefalografo, degli aghi per elettromiografie fino alla attività in proprio a partire dagli anni 1960. La creazione della nuova ditta Bellco, all’interno della quale contribuisce alla nascita del primo rene artificiale gestito elettronicamente, all’ammodernamento delle tecnologie per effettuare la dialisi e per il frazionamento del sangue, segna il passaggio all'avventura imprenditoriale che lo vede tra i fondatori del distretto biomedicale di Mirandola.

Il Forum, recentemente organizzato dalla Associazione Amici del Museo nell’ambito della Fiera “Research to Business”, ha creato un concreto contatto tra il mondo della ricerca e quello delle imprese. Illustri centri di ricerca applicata internazionali quali Battelle, CERN, Fraunhofer, MIT, Max-Planck, Technische Universität München hanno presentato interessanti case-histories in quattro settori: alta tecnologia meccanica, nuovi materiali/nanotecnologie, biotecnologie ed energia/ambiente. Tramite le case-histories presentate, gli imprenditori italiani hanno potuto osservare come all’estero la collaborazione tra gli enti di ricerca (spesso di natura mista) e le aziende porti ad una fruttuosa fase di “Development”, di applicazione della ricerca e di conseguenza alla generazione di maggiori profitti per la impresa stessa.

L'Associazione Amici del Museo del Patrimonio Industriale nasce nel 1997 come O.N.L.U.S. e attualmente annovera tra i suoi iscritti una settantina di aziende, enti e associazioni imprenditoriali: le principali realtà produttive dell'area bolognese. L'Associazione sostiene le attività del Museo volte a valorizzare la cultura storico-industriale di Bologna e si prefigge al contempo di portare avanti concrete iniziative di sviluppo. Tra gli scopi dell'Associazione vi è infatti quello di dare nuova linfa al tessuto industriale bolognese attraverso la promozione di eventi legati alla diffusione della storia e della cultura imprenditoriale e coinvolgendo le nuove generazioni nell'ambito di progetti formativi finalizzati ad una ri-valorizzazione delle competenze tecniche.